martedì 25 settembre 2018

Mostra d'Oltremare - Bagni di Fasilides

Architettura progettata

Relazione al progetto

Tra i primi elementi individuati, quale testimonianza del “moderno”, nell’opera collettiva della Mostra delle Terre d’Oltremare, il sistema di relazioni che sottende lo schema compositivo dell’impianto urbanistico, ha un ruolo fondamentale per la comprensione della grande opera della Mostra. 
Le relazioni che intercorrono tre le architetture disegnano lo spazio della Mostra, individuando una “superficie piana normalizzata” ascrivibile all’idea di un vassoio; un elemento piano e progettato; un contenitore, entro il quale avvengono i singoli episodi di architettura. 
Il vassoio contiene le architetture episodiche al suo interno, ed esse sono in stretta relazione tra loro attraverso la maglia/rete di relazioni visive. La Mostra d’Oltremare è un complesso architettonico visivo, preferendo la vista come senso fondamentale per la sua comprensione. 

Il moderno, tema della ricerca, è così nelle relazioni che definiscono l’impianto della Mostra, prima ancora che gli edifici stessi, e il vassoio è il luogo degli eventi e degli episodi dell’architettura, ma è anche lo spazio necessario per comprenderla; essendo prossimi all’architettura, la possiamo misurare con la vista; gli occhi si muovono lungo gli assi e le direttrici, incrociano gli angoli degli edifici e misurano le distante e le altezze; la prossimità ci permette di misurare l’architettura. La comprensione e la conoscenza avvengono attraverso l’esperienza del vuoto. Un vuoto non in termini assoluti ma denso di possibilità di trasformazione, è un vuoto che contiene.
Quello che si può fare con il vuoto, è organizzarlo.
Secondo Recalcati, l’opera d’arte altro non è che organizzazione del vuoto. 

Il vuoto coincide con la parte fluida e dinamica del sito, è la parte più suscettibile di cambiamento ed offre la possibilità per una reale trasformazione. Ed è in questa visione che il vassoio è l’oggetto di restauro; restaurare la materie di cui il vassoio è costituito ed anche restaurare il vassoio attraverso le sue specifiche relazioni visive.

Elemento ultimo di questa narrazione, anch’esso incluso nella parte fluida, è il progetto del verde1 , il quale, come una quinta scenografica, conclude e definisce lo spazio dell’architettura.

Ed è in questo contesto che si inserisce l’idea di progetto: progettare la parte fluida della Mostra con una architettura “osservatorio”, contemplativa, la quale si inserisce nel sistema di relazioni prescritto. Un’architettura che intuisce ed esplicita le possibili relazioni, ampliandole.
L’architettura, così inserita nello spazio, misura il paesaggio.

Per comprendere il paesaggio e la natura, l’architettura deve essere coesa, compatta, stereotomica e grave. Così, come un animale immobile, giace tra la terra e l’acqua ed osserva i cambiamenti della natura, silenziosamente.

L’architettura misura il paesaggio e la successione degli eventi. 

La scoperta dell’architettura avviene attraverso un percorso, una rampa verso l’alto, che punta al cielo, agli alti alberi; poi un percorso in quota, il quale consente la comprensione del paesaggio, commistione tra natura ed artificio architettonico. Infine l'oculo che traguarda il paesaggio e misura l’architettura; la penombra di una tettoia introduce il pulviscolo luminoso dei raggi del sole e i raggi del sole misurano lo spazio e segnano, muovendosi, i cambiamenti del tempo.

L’architettura è in tensione nel paesaggio ed offre al visitatore l’esperienza della scoperta attraverso una promenade; il vassoio e le relazioni soggiacciono al gioco dell’architettura.
Il camminamento in quota cede poi il passo alla scala che discende, e ci riporta alla dimensione reale, quella conosciuta del parco.

Preesistenza e trasformazione coesistono nello spazio/tempo; la nuova architettura dialoga silente con il contesto.

Il Parco Robinson evoca un paesaggio altro, che riporta il visitatore di oggi, così come quello di ieri, in un paese straniero: l’Etiopia. Rivivono nelle terre della Mostra d’Oltremare, ricostruiti come una Disneyland protorazionalista, alcuni dei suoi elementi simbolo, la chiesa copta e il Bagno di Fasilides di Gondar. 

Il progetto della grande rampa che protende verso il lago e dialoga con il Cubo d’Oro, non è il solo elemento che prende posto nel parco di eucalipti, tamarindi, acacie, euforbie e ginepri. Una scala, fuori asse, è il nuovo accesso al Bagno di Fasilides, un piccolo intervento contemporaneo che soddisfa la più elementare funzione; accedere nuovamente al piccolo edificio acquatico, rimasto per lungo tempo monco e inarrivabile. 
La scala/ponte, la rampa e la scala già progettata dall’architetto Cherubino Gambardella per il Cubo d’Oro, sono architetture/appendice che potenziano l’architettura preesistente, aumentando la loro funzionalità. 
“L’architettura, comunque non può diventare strumento di mera funzionalità, comfort per il corpo e piacere sensoriale senza perdere il proprio compito essenzialmente mediatore. Di fronte a programmaticità, funzionalità e comfort, va comunque tenuto netto un senso di distanza, di resistenza e di tensione. Un pezzo di architettura non dovrebbe svelare le proprie finalità utilitaristiche e razionali; deve mantenere impenetrabile il suo segreto e il suo mistero, per tenere viva la nostra immaginazione e le nostre emozioni”, così Pallasmaa racconta la sua idea di architettura, in "Gli occhi della pelle".

Misurarsi con il paesaggio stratificato significa comprendere che l’architettura è un fatto non solo visivo, ma andrebbe considerata e progettata per essere vissuta dalla pluralità dei sensi che entrano in gioco. 

Progetto di Luca Esposito, Simona Nuovo e Maria Brovero
Testo di Luca Esposito


Bagni di Fasilides - Progetto

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